martedì 30 luglio 2019

Intervista a don Nur, padre egiziano e madre ossolana, in Missione in Ciad con gli "ossolani" don Benoît Lovati e don Fabrizio Scopa. Video

SAN DOMENICO - Don Nur El Din Nassar è un giovane sacerdote molto conosciuto nel Vco. Di padre egiziano e madre ossolana, è stato per diversi anni coadiutore in vari centri del Vergante, impegnato nella pastorale giovanile. E’ stato anche vice – parroco a Omegna. Un anno e mezzo fa, il 4 gennaio 2018, è partito verso il Ciad, per aggregarsi alla Missione della Diocesi di Novara nella parrocchia di Bissi - Mafou, Diocesi di Pala, nel sud  ovest del Paese ai confini con il Cameroun.
"Siamo arrivati il giorno dell’Epifania – racconta don Nur –  Siamo stati accolti con gioia; ci vogliono bene e ce l’hanno dimostrato. Non eravamo neppure entrati nel villaggio che, a 3 chilometri di distanza, abbiamo trovato un mucchio di gente ad aspettarci. Abbiamo fatto l’intero percorso cantando e danzando. Sono stato molto contento quando il Vescovo e don Benoît Lovati mi hanno chiesto di partire".
Anche don Lovati, novarese, è conosciuto nel Vco: è stato coadiutore a Villadossola. E’ in Ciad ormai da 10 anni. La Missione di Bissi – Mafou è nata circa 30 anni fa ed è fra quelle denominate “Fidei Donum”, dal titolo dell’enciclica con cui papa Pio XII  ha proposto nel 1957 che le chiese più ricche di storia si impegnino a mettere in comune con altre più giovani alcuni sacerdoti per un tempo determinato. Al termine i missionari tornano nelle loro Chiese d’origine a portare la ricchezza di esperienza raccolta:
"Noi veniamo ordinati sacerdoti in una Chiesa particolare ma siamo sacerdoti per  il mondo intero – prosegue don Nur -  Io l’ho sentita come una possibilità per me". A Bissi – Mafou si parla molto “ossolano”; oltre a don Nur, vi opera don Fabrizio Scopa, originario del Croppo di Trontano, mentre in passato vi ha prestato servizio don Emanuele Cardani, anche lui domese: "Oltre ad essere quello dell’accoglienza – spiega il missionario - il primo momento è anche quello in cui ti scontri con il fatto di appartenere a una certa cultura e di trovarti in un’altra, molto diversa dalla tua. Sei costretto a riconoscere che i tuoi pregiudizi ci sono e che ci sono anche i tuoi giudizi. Non sono cattiveria; sono il segno che hai un cammino da fare. Bisogna tornare bambini: il Signore ci chiede di dargli fiducia, di imparare quasi tutto da capo, non solo la lingua ma anche il modo di guardare le esperienze fondamentali dell’essere umano. Per esempio: nella cultura occidentale ha un grande valore l’individuo: in quella della popolazione Mundang, dove sono io e in generale nelle culture dell’Africa ha invece un valore bassissimo, vicino allo zero. Ciò che conta lì è la comunità, ad esempio la famiglia allargata. C’è un insulto fra i Mundang che tradotto letteralmente vuol dire “tu sei uno che cammina da solo”; per noi non è una cosa pesante ma per loro è un’espressione molto cattiva".

Non è stato il Cristianesimo a generare differenze culturali così profonde?
"Questa è un’interpretazione sbagliata del Cristianesimo. Nel Vangelo il cammino di Gesù non si può staccare dalla comunità; questo aspetto da noi è stato perduto molto nella prassi. Noi facciamo i battesimi in chiesa, ma in forma “privata”, con qualche amico e i parenti più stretti; molti momenti noi li abbiamo staccati dall’esperienza ecclesiale. Anche quando andiamo a  Messa, ciascuno cerca di mettersi il più lontano possibile dall’altro; è un’esperienza che rischia di diventare individuale. Non è il Vangelo, non è il Cristianesimo che ci porta a vivere un contatto individualistico con Dio; il messaggio evangelico tiene sempre insieme l’amore a Dio e l’attaccamento ai fratelli. In Africa questo si vive molto naturalmente".
In Africa i Cristiani sono una minoranza. Ci sono rischi di persecuzioni in Ciad?
"I Cristiani sono minoranza, ma in crescita – spiega don Nur – A Bissi - Mafou siamo circa 6 mila fedeli ma ci sono 4 mila catecumeni; ogni anno abbiamo circa 500 battesimi. E’ una comunità in forte crescita. Dove sono io non ci sono persecuzioni ma non molto lontano da noi, a circa 700 chilometri, nel nord del Cameroun dove due preti del nord est erano stati rapiti qualche anno fa, c’è Boko Aram. E’ molto presente in Nigeria ma sempre di più tende a sconfinare nel nord del Cameroun e nella zona del Lago Ciad. Nella nostra zona invece il 90 per cento della popolazione segue la religione tradizionale africana, che non è ostile al Cristianesimo".
Si tratta di religioni animiste?
"Il termine animismo è sbagliato; proviene dagli studiosi che hanno viaggiato con i coloni europei. I loro studi erano carichi di pregiudizi. La maggior parte delle religioni africane sono monoteiste; l’animismo invece vede uno spirito dentro ogni entità, è politeista, ha la divinità dell’albero, quella dell’acqua …  I Mundang chiamano Dio come “la Mamma del cielo”; un Dio unico, che non è a portata di mano ma passa attraverso la mediazione degli antenati. Per questo c’è la venerazione degli antenati; per ricevere la forza vitale che viene dall’unico Dio". Cosa spinge tanti Africani a diventare Cristiani? "Per l’ingresso al catecumenato le cause possono essere tantissime; c’è chi ci vede un’occasione  di successo sociale, di potersi arricchire perché ha l’idea che la Chiesa sia ricca; c’è chi viene perché ha visto venire un amico. Di solito ogni anno abbiamo circa 2mila persone chi iniziano il camino ma alla fine del primo anno molti abbandonano; i Vescovi hanno voluto istituire un cammino molto esigente, non solo verso il battesimo ma verso la vita cristiana".
Dopo un anno e mezzo di presenza nella Missione si può fare un confronto tra la Fede vissuta dai Mundang e la nostra?
"Non potrei fare paragoni di qualità fra la Fede in Africa e la Fede da noi; ci sono molte differenze ma alla fine è il Signore che conosce la Fede di ciascuno. E’ cambiata completamente, invece, la mia posizione come prete; in Italia anche senza voler essere autoritario il prete sta sempre un po’ sopra gli altri in parrocchia, in un ruolo da dirigente che la gente si attende.  L’esperienza in Africa invece mi ha messo “di sotto”, in una logica di servizio ad una Chiesa che è completamente autonoma; in ogni villaggio la gente non ha bisogno del prete per trovarsi a pregare, per trovarsi sulla Parola di Dio organizzare l’attività caritativa, perché ci sia la catechesi. Il prete si impegna per la formazione, perché ci sia la vita sacramentale; anche le distanze enormi che dobbiamo percorrere ci mettono al sicuro dalla tentazione di “prendere in mano le cose”.
Dal punto di vista economico, la situazione com’è?
"Nella nostra zona non c’è la miseria nera, c’è una povertà semplice e dignitosa. La popolazione della parrocchia è formata da agricoltori e piccoli allevatori; la nostra terra è buona, il sottosuolo è ricco d’acqua. Un’altra ricchezza sono i giovani: ci sono tanti bambini e ragazzi, che sono una forza, il motore dell’entusiasmo e di nuove idee. Bisogna cambiare il rapporto con l’Africa; non generare dipendenza ma mettere in piedi cammini e progetti virtuosi, che partano dalla gente stessa, che non siano calati dall’Europa. I progetti di sviluppo sono partiti dalla concertazione con la gente del luogo. I campi più urgenti su cui la gente ha evidenziato la necessità di lavorare sono la scuola e la sanità. È un cammino iniziato da don Benoît; con alcune persone ha fatto sondaggi e ha verificato che la gente ritiene importante la scuola, ha iniziato con la dar vita a un comitato dei genitori, a formare alcune persone locali nel campo della pedagogia, a porre la questione: “Se vogliano la scuola dobbiamo pagare gli insegnanti, fare la manutenzione ....
Come farlo?
”Quando la comunità arriva a maturare la scelta su cosa fare insieme, solo allora interviene la Diocesi di Novara. Come nel progetto “Un sogno per il Ciad”; costruire le strutture, con spese eccezionali ma solo quando esiste la scuola come coscienza collettiva; in questi anni la gente del luogo sta portando avanti la scuola per quanto riguarda le spese ordinarie e la conduzione ordinaria, con ottimi risultati. I bisogni sono tantissimi. A volte dei privati nostri amici ci mandano qualche aiuto, la Diocesi di Novara ha fatto un serie di proposte in questi anni nel campo della scuola e della cultura; abbiamo idea di potenziare anche il settore sanitario. Abbiamo un piccolo centro sanitario che va migliorato; a volte facciamo trasporti di malati in Cameroun, che ha ospedali migliori e ciò comporta spese onerose. Abbiamo buon personale, bravi infermieri, un tecnico di laboratorio ciadiano".
C’è un conto corrente per inviare aiuti economici alla Missione?
"Nel sito della Diocesi, nell’area dell’Ufficio missionario, si trovano tutti i contatti (http://www.progettociad.it/ ). Se si ha l’occasione di mandare una e – mail, abbiamo piacere di raccontare come i soldi sono stati spesi. L’anno scorso due famiglie, una di Ghiffa e una di Omegna senza mettersi d’accoro fra di loro hanno mandato 500 Euro ciascuna nello stesso giorno; ci siamo accorti che ci sono delle vedove con figli che non si sono risposate, non hanno un uomo che le aiuti nel lavoro dei campi che è pesante; con la zappa si riesce a fare poco, allora abbiamo comprato 4 buoi e 2 aratri e queste donne li usano a turno, senza comprare i classici trattori che poi si scassano e rimangono lì fermi. In africa i progetti semplici spesso sono quelli che funzionano bene» E con le istituzioni politiche, quali sono i rapporti? «Il Presidente è in carica dal 1990; gli piace aver un controllo forte della situazione, vuol tenere le cose tranquille; cerca di promuovere sempre buoni rapporti fra Cristiani e Musulmani; ogni anno a ottobre si svolge una Giornata di coabitazione pacifica nella quale confrontarsi su alcuni temi, cercare di realizzare progetti insieme. Qualche anno fa l’Arabia Saudita ha finanziato la costruzione di moschee dappertutto, anche dove non ci sono Musulmani; ha mandato molti Imam della corrente Wahabita, piuttosto fondamentalista, per predicare regalando anche soldi a persone che dicevano che si sarebbero convertite. Tanti sono andati, hanno preso il soldi poi hanno continuato a vivere come prima; ho provato a chiedere loro perché bevessero alcoolici e non pregassero, alcuni mi hanno risposto “ma io sono un musulmano moderno”. Il Presidente quando si è accorto di questa predicazione pericolosa ha espulso immediatamente questi  Imam. Si cerca di costruire insieme; la Chiesa è vista come un partner amichevole e affidabile con cui realizzare progetti di sviluppo".
Mauro Zuccari
Clicca sull'immagine di don Nur e vai al video

OSSOLA24.IT

Nessun commento:

Posta un commento