domenica 27 marzo 2016

Storia di Yohannes, bimbo etiope, ma ossolano d'adozione

Il piccolo è stato adottato tre anni fa da Manola e Gabriele

VILLADOSSOLA
La famiglia Crosa Lenz di Villadossola è una famiglia allargata. Dal mese di dicembre 2013 un terzo figlio ha fatto ingresso nella loro casa andando ad aggiungersi ai due genitori Manola e Gabriele, alle loro due bambine biologiche Erica e Sara e al cane Lupo. Il bambino si chiama Yohannes e oggi ha 3 anni. Arriva dall’Etiopia, dove è stato adottato tramite il Centro Aiuti per l’Etiopia Onlus. Manola e Gabriele ci hanno raccontato la loro storia, dal momento in cui hanno deciso di ricorrere all’adozione internazionale per avere un terzo figlio e dare un fratellino a Erica che oggi ha 10 anni e mezzo e a Sara, di 8 anni e mezzo.

Quali sono stati gli step verso l’adozione?
"Prima di tutto abbiamo seguito un corso generale per capire la differenza tra adozione e affido e alla fine abbiamo optato per l’adozione perché volevamo un figlio che entrasse a far parte a tutti gli effetti della nostra famiglia, non solo in maniera temporanea. Ci siamo quindi rivolti ai servizi sociali e abbiamo frequentato un corso dell’Asl per farci un’idea un po’ più precisa del percorso che avremmo dovuto affrontare. Abbiamo quindi inoltrato la domanda al tribunale dando la disponibilità sia per l’adozione nazionale che internazionale. Per una serie di vincoli giuridici l’adozione nazionale risultava essere troppo complicata, quindi abbiamo deciso di ricorrere a quella internazionale. Sono seguiti gli incontri con l’assistente sociale e la psicologa per capire se all’interno del nucleo famigliare si poteva inserire un altro elemento e successivamente abbiamo aspettato l’idoneità dal giudice. Una volta ottenuta si ha tempo un anno per scegliere l’ente a cui rivolgersi per l’adozione".


Come siete arrivati al Centro Aiuti per l’Etiopia Onlus?
"Sono davvero tanti gli enti a cui rivolgersi. Abbiamo consultato una serie di siti su Internet, ci siamo confrontati con altre famiglie adottive e alla fine abbiamo scelto il Centro Aiuti per l’Etiopia Onlus. L’Etiopia è un paese che già conoscevamo: nel 2010, infatti, insieme ad alcuni membri del CAE, avevamo fatto un viaggio di 10 giorni anche insieme alle bambine e siamo rimasti colpiti. Visitare gli orfanotrofi, i villaggi, gli ambulatori è stata un’esperienza davvero forte. L’Etiopia è un paese estremamente povero, ma umanamente molto ricco. Nella povertà più estrema incontri sorrisi sconvolgenti".
Quando avete incontrato Yohannes per la prima volta?
"La seconda settimana di settembre del 2013 abbiamo ricevuto una telefonata dal presidente del CAE, Roberto Rabattoni, ci ha detto che c’era un bambino per noi. E’ stata un’emozione fortissima, come quando scopri il risultato del test di gravidanza. Yohannes allora aveva 5 mesi. E’ stato bellissimo e strano al tempo stesso: sai di avere un figlio dall’altra parte del mondo, ma non lo puoi vedere subito. Il 19 novembre, insieme ad un’altra famiglia adottiva, siamo partiti per l’Etiopia per andare in sentenza. E’ stato un viaggio breve, di soli 3 giorni. Lì abbiamo incontrato Yohannes per la prima volta. E’ stato difficile dire. “Dobbiamo lasciare qui il nostro bambino”. Però siamo tornati a casa con una marea di foto, da far vedere alle bambine, ai parenti e agli amici nell’attesa di tornare a prenderlo. Quando si ha a che fare con le adozioni internazionali è tutto molto effimero, ci sono dei tempi di attesa, talvolta molto lunghi, da rispettare. Ma abbiamo deciso di vivere la cosa con la maggior calma possibile, anche insieme ad Erica e Sara".
Come è stata affrontata la situazione dalle bambine?
"Le bambine non l’hanno saputo subito, abbiamo aspettato che la cosa fosse certa. Ma quando gliel’abbiamo detto sono state contentissime. Dopo il breve viaggio di novembre, abbiamo preparato insieme a loro dei bigliettini di Natale, con la foto di Yohannes, per iniziare a presentarlo. Abbiamo anche messo una culla in salotto con dentro la foto del bimbo, per cominciare a far sentire la sua presenza in casa. Dentro la culla c’era una giraffa di gomma, che abbiamo poi portato in Etiopia, e un carillon a forma di stella, uguale identico a quello che avevamo lasciato a Yohannes. Così abbiamo creato un filo conduttore tra noi e lui, nonostante la distanza geografica che ci separava".
Quando siete tornati a prenderlo?
"Era il mese di dicembre del 2013. Il 13 dicembre siamo partiti alla notte, tutti insieme. Non sapevamo se avremmo passato lì il Natale, quindi abbiamo portato un piccolo albero di Natale in miniatura e un panettone per far sentire le bambine un po’ più a casa. Siamo arrivati ad Addis Abeba, la capitale, ma nel frattempo Yohannes era stato spostato in un altro orfanotrofio ad Areka, che dista circa 7 ore e mezzo in pullman. Abbiamo dovuto aspettare un paio di giorni prima di vederlo. Insieme a noi c’erano altre dodici famiglie adottive. Quando siamo arrivati ad Areka, ci siamo subito diretti nella nursery, dove ci sono venuti incontro tantissimi bambini. Yohannes stava facendo il bagnetto ed è stato un momento emozionante per tutti, soprattutto per le bambine che lo vedevano per la prima volta. Abbiamo trascorso lì una decina di giorni e Yohannes è stato con noi nel tukul, una stanza grande quanto il nostro bagno, che ci avevano messo a disposizione. Ti trovi catapultato improvvisamente in un’altra realtà: sei in una terra straniera, con gente diversa, abitudini differenti e una nuova creatura da accudire. Noi, fortunatamente, avendo già due bambine, non eravamo proprio impreparati".
Quando siete tornati in Italia?
"Era il 24 dicembre, la Vigilia di Natale. Ad aspettarci in aeroporto c’erano i nonni. Una volta tornati a Villa, le bambine gli hanno subito voluto mostrare la casa. Lui è scoppiato a piangere, le emozioni erano troppe anche per lui. Ci siamo raccolti in bagno, la stanza più piccola della casa, quella più simile al tukul dove avevamo passato i giorni precedenti. Così lui si è calmato. I giorni successivi, durante le vacanze di Natale, abbiamo ricevuto moltissime visite da parte di parenti ed amici e il 7 gennaio, quando le bambine sono tornate a scuola, le maestre hanno fatto trovare sulla porta un fiocco azzurro. Così Yohannes ha fatto il suo primo ingresso nella comunità. E’ seguito la prima festa di compleanno, il 12 aprile 2014: per l’occasione abbiamo creato dei bigliettini per invitare tutti a conoscere Yohannes e quel giorno la casa era piena di gente. A giugno invece c’è stato il battesimo che, contrariamente alla prassi, abbiamo deciso di fare qui a Villa".
Avete riscontrato delle difficoltà nel processo integrazione all’interno della famiglia e della comunità?
"Non abbiamo avuto nessun problema, forse anche perché Yohannes era davvero piccolo ed è un bambino sorridentissimo che piace all’istante. Sicuramente ha rivoluzionato la struttura della famiglia, ma il tutto è avvenuto senza ostacoli. Lo stesso è successo all’interno della comunità: con Yohannes possiamo dire che sono più le persone che si sono avvicinate alla nostra famiglia che non quelle che si sono allontanate. Abbiamo stretto un rapporto speciale anche con le altre famiglie adottive della zona, con cui cerchiamo di incontrarci regolarmente e di portare avanti delle iniziative per l’Etiopia. Ora stiamo cercando di raccogliere fondi per finanziare la scuola di Ghimbi".
Gloria Nucera

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