martedì 23 luglio 2013

Domodossola, dove i baristi dicono no alle slot machines

G. Buemi - Bar "Vecchia Domo" mostra serigrafia iniziativa
Tre locali del centro storico lanciano una campagna, rifiutando le macchinette: «Il caffé è più buono senza slot» si legge all’ingresso

RENATO BALDUCCI
 
DOMODOSSOLA
 
Parte dai titolari dei bar di Domodossola il rifiuto ad accogliere nei loro locali le slot machine, che spesso rovinano la vita a chi diventa dipendente dal gioco d’azzardo elettronico. 
 
Nel Verbano Cusio Ossola - provincia che detiene il record di questo vizio, con una spesa pro capite di 640 euro l’anno - la battaglia era già stata tentata un anno fa da Marco Zacchera, sindaco di Verbania. Cercò di limitarne l’uso tra le 15 e le 22, ma l’ordinanza venne bocciata dal tribunale amministrativo del Piemonte. 
 

Ora, ci prova il capoluogo ossolano. Ma non è il Comune a fare da «testa di ponte» contro le slot, bensì i titolari di tre dei molti bar di una città che vive sul commercio: Portico, Tiffany, Vecchia Domo. Da ieri, all’ingresso dei locali, spicca un’eloquente vetrofania: «Il caffè è più buono senza le slot». Ma la battaglia è solo agli inizi. Il Movimento 5stelle ha già chiesto all’amministrazione di aderire al manifesto dei sindaci per la legalità, contro il gioco d’azzardo. «Nel loro piccolo - spiegano i grillini - altri sindaci stanno cercando di porre un freno all’apertura di nuove sale giochi. Il consiglio di Reggio Emilia ha approvato una variante al regolamento urbanistico che ne limita la possibilità di insediamento nel comune. Nell’ultimo anno il disagio è cresciuto tanto da arrivare a circa mille casi di dipendenza patologica dal gioco in Piemonte. I servizi sanitari spendono circa 1,8 milioni di euro l’anno per le cure». È singolare che a Domodossola, a scendere in campo siano i baristi. «Condivido questa campagna, l’Ossola è già piena di sale gioco e slot machine» dice Vincenzo Brindisi, titolare del «Portico».  
 
Fa notare che tutti i bar della piazza mercato, il «salotto» cittadino, sono privi di slot: «Tre anni fa mi era stato chiesto di ospitarle: le ho rifiutate - continua -. Non hanno nulla a che fare col piacere di consumare un caffè o con la voglia di trascorrere qualche alcune minuto ai tavolini conversando. I bar non sono casinò». Poco distante, in via Galletti, anche il «Tiffany» le rigetta e Laura Maglio non ha dubbi sulla scelta: «Bisogna essere consapevoli di quale danno creano. È una scelta di vita, non voglio guadagnare di più attirando clienti patiti del gioco». A sostenere l’iniziativa anche il comitato «Senzaslot.it», con aderenti anche a Domodossola: «Faremo un censimento dei bar che rifiutano le macchinette e la tristezza di chi perde i suoi risparmi». L’associazione ha invitato altri titolari di bar ad eliminare le «macchinette».
 

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