giovedì 14 marzo 2013

Habemus Papam!... “Buonasera” il saluto di Francesco

Un’esplosione di gioia all’annuncio che si chiamerà Francesco

“Mi hanno preso quasi alla fine del mondo. Ora pregate per me”

MICHELA BRAMBILLA - Roma

Abbiamo il Papa! Ci sono parole per raccontare il cuore del popolo per un rito così antico eppure ancora così unico nel regalare parole di vita eterna? Quando si leva dal camino la fumata bianca, in piazza San Pietro c’e gente che piange di gioia.

Che si abbraccia, che prende in mano il rosario. Quando poi, un’ora dopo, viene detto che si chiama Jorge Mario, quasi nessuno capisce chi è. Ma non importa: abbiamo il Papa, ed è una festa.

Bergoglio è il primo Papa argentino. Più in generale, il primo Papa latinoamericano. È anche il primo Papa gesuita. Il primo che si impone un nome che nella cristianità ha un fascino quasi soprannaturale. Il primo Papa - perdonateci un riferimento che a noi non può non essere caro - di origine piemontese.

Se i cardinali hanno scelto lui, è forse anche perché hanno capito che mai come ora la Chiesa doveva dare un segnale al mondo. Bergoglio, il cardinal Bergoglio, è uno che va a mangiare alla mensa dei poveri, che porta l’Eucarestia in casa ai malati della sua diocesi. Che quando è a Roma gira in autobus o in metropolitana, che va a fare la spesa al supermercato. È un caso se ha scelto di chiamarsi Francesco?
 
Ha già ricevuto l’abbraccio di Roma e di tutto il mondo cristiano. È un mondo che noi giornalisti - mi ripeto - fatichiamo molto a capire. Mentre parlavamo di scandali, di divisioni e di Ior, migliaia di fedeli andavano in piazza San Pietro solo per sapere quale uomo sarebbe stato scelto da Dio - non dagli uomini: da Dio - per guidare una Chiesa cui vogliono bene nonostante tutto, anche perché sanno che è altro da quello che i media raccontano. E così martedì sera, anche se tutti sapevano che la fumata sarebbe stata nera, piazza San Pietro era gremita. Come ieri mattina, quando s’è attesa un’altra fumata nera. E ieri sera, poi. C’era come una sensazione, un presagio del cuore.

La piazza si riempie a partire dal pomeriggio perché si sa che potrebbe anche esserci una fumata - solo bianca - verso le cinque. Se invece a quell’ora non c’è fumata, vuol dire che si aspetta l’ora canonica, le sette, alla fine del secondo scrutinio. A un certo punto un gabbiano si posa in cima al comignolo, lo si vede lì, immobile per più di mezz’ora, dai quattro megaschermi. «Non è un buon segno», dice un prete, «perché l’uccello che simboleggia lo Spirito è la colomba. Vuol dire che non hanno ancora scelto». Eppure c’è un qualcosa che si avverte. È strano. Tutto quello che succede quando si elegge un Papa è strano.

Sono le sette e sei minuti quando dal comignolo esce il fumo. Si capisce subito che è bianco. C’è una gioia che sembra di un altro mondo. Una donna peruviana grida la sua felicità. Le chiedo chi vorrebbe, ma è la domanda di chi, appunto, non capisce: «Voglio quello che Dio ha scelto, mi fido».

Poi è tutto un affluire davanti alla basilica. C’è il mondo intero, in piazza San Pietro. Bandiere da ogni continente. Ma poi arrivano i romani, perché a Roma il Papa, er Papa, è innanzitutto il vescovo della città. Come perdersi uno spettacolo così? E davvero è una scena indicibile: una cosa d’altri tempi. Nel mondo delle notizie che corrono istantanee, magari via Twitter, per sapere chi ricoprirà il non facilissimo ruolo di Vicario di Cristo bisogna aspettare più di un’ora, fino a quando un signore vestito in un modo strano aprirà una finestra per annunciare in latino che c’è un Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum».

È il Dominum Georgium Marium, Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio». Davvero non tutti sanno chi è, anzi la maggioranza per qualche istante sembra smarrita; ma appena il Cardinale Protodiacono Jean-Louis Tauran dice che il nuovo Papa si chiamerà Franciscum, c’è un’esplosione di gioia. Quello è un nome di fronte al quale anche il più ostinato agnostico deve inchinarsi.

Lui appare alle 20,10. C’è l’applauso: ma anche un lungo silenzio. Papa Francesco resta zitto: uno, due minuti. «Oddio, è paralizzato dall’emozione, ti prego dì qualcosa», fa una collega al mio fianco. Ma quando comincia a parlare, il 265esimo successore di Pietro fa capire subito che sarà un Papa vicino alla gente. «Fratelli e sorelle, buonasera!». Un Papa che si presenta dicendo «buonasera»! «Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a sceglierlo quasi alla fine del mondo... Ma siamo qui... Vi ringrazio dell’accoglienza». E poi: «Prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca». E così si assiste alla scena inedita di un Papa che recita il Pater Ave e Gloria insieme con la folla.

Perché il suo stile sarà quello: è il Papa, ma un Papa fra la gente: «E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo... Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza». Ricorda un po’, per questo suo stile da parroco del mondo, Papa Luciani. Capovolge le gerarchie con parole a sorpresa: «E adesso vorrei dare la benedizione ma prima, prima vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera». E così, piazza San Pietro si raccoglie, ciascuno chiede in cuor suo, e con le parole sue, che il Cielo assista il nuovo Papa. S’era ma vista una cose del genere? Papa Francesco sembra aver già conquistato tutti.

«Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto! Ci vediamo presto: domani voglio andare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo!».

Poco dopo telefona a Benedetto XVI. Oggi andrà, ma in privato, a Santa Maria Maggiore a chiedere aiuto alla Madonna. La Messa di inizio pontificato sarà martedì alle 9,30. Farà anche alcune cose inedite, nel frattempo: ad esempio, sabato incontrerà noi giornalisti, tutti noi 5.600 giornalisti accreditati, nell’aula Paolo VI.

«Davvero lo Spirito Santo sfugge alle nostre logiche», dice un signore mentre la folla defluisce dalla piazza: «Otto anni fa era arrivato secondo dietro Ratzinger, sembrava una partita chiusa per lui, e invece...». C’è un’aria finalmente serena, tra tutta questa gente che torna a casa. C’è soprattutto la sensazione che sulla Chiesa e sul mondo abbia cominciato a soffiare un vento diverso, e che ci sia una speranza nuova.

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