domenica 9 giugno 2013

“Qui nel paese dei walser, racconto la civiltà alpina”

Paolo Croza Lenz, 57 anni
Paolo Crosa Lenz, scrittore di Ornavasso racconta storia, tradizioni e leggende delle valli

CHIARA FABRIZI

ORNAVASSO

Nella terra dei walser Paolo Crosa Lenz, scrittore-alpinista di Ornavasso, ci è nato. «Sono un uomo di montagna, di origini walser: la mia famiglia qui ha le sue radici da almeno cinque secoli». E qui ha deciso di vivere: «Perché uno scrittore può raccontare bene solo ciò che conosce. Calvino, Fenoglio, Pavese hanno parlato del mondo scrivendo della loro terra. Così il loro sguardo ha oltrepassato la collina».

Crosa Lenz, che ha al suo attivo almeno 80 titoli tra libri, collaborazioni, almanacchi, di colline e di vette ne ha valicate tante: «Ho cominciato la mia attività di alpinista a 20 anni e sono centinaia le montagne che ho scalato. Due i viaggi in Himalaya, una spedizione sul Kilimangiaro e quasi tutte le 400 vette dell’Ossola. Poi, anche grazie ai miei studi di antropologia culturale, ho capito: le montagne hanno senso per come gli uomini le vedono». Così in un settore come quello delle guide escursionistiche, ha fatto da pioniere: «Con l’editore Grossi di Domodossola abbiamo scommesso su un approccio che tenesse conto dei tre fattori che spingono ad andare in montagna: azione, contemplazione e conoscenza. Per il primo è necessario spiegare come fare per andare e anche per ritornare, quanto alla contemplazione, benché sia inutile, è innata nell’uomo. La conoscenza della civiltà alpina, per secoli senza parole, perché sempre raccontata da altri e mai da chi nell’asprezza delle montagne ci vive, ho voluto diffonderla perché la amo».
 
Non per sentimentalismo, ma per responsabilità etica: «Racconto i vecchi pensando ai giovani. Pensiamo ai walser: la loro è una cultura destinata a scomparire di pari passo con il modello economico agricolo che l’ha creata. Preservarla significa trasmettere all’80% della popolazione che vive nelle città i valori a cui la loro esistenza per secoli è rimasta legata: aria buona, lentezza, il rapporto con la natura, ma anche solidarietà, fatica fisica, il piacere di un lavoro fatto bene». Perché, secondo Paolo Crosa Lenz, lo sviluppo sostenibile non è un’invenzione della green economy, ma deriva dall’antica sapienza: «La montagna, dove è più difficile fare tutto, può diventare una risorsa per l’Europa». Quando lo scrittore-alpinista è in cammino su un sentiero o su una parete rocciosa, c’è un pensiero che lo accompagna: «Mi chiedo sempre, con curiosità, cosa ci possano insegnare gli uomini che hanno vissuto in quei posti, raccolto quel sasso, costruito quella cappella. Desiderosi di certezze, abbiamo bisogno di cose buone: la montagna è il pane della vita». Da masticare a piccoli bocconi, magari sfogliando «Leggende delle Alpi. Il mondo fantastico in Val d’Ossola», l’ultimo libro scritto da Crosa Lenz. «Non c’è nulla di inventato e tutto è autentico, come i messaggi che stanno al fondo di ogni storia. Ad esempio quella dei twergi, i nanetti dai piedi all’indietro che abitavano a Macugnaga: l’ultimo è sparito, portandosi via l’unico segreto non ancora rivelato agli uomini. Un bambino lo aveva additato alla mamma per la sua diversità, senza sapere quanto i twergi avevano insegnato alla comunità, che da loro aveva imparato a ricavare burro, formaggio e ricotta dal latte. Un sapere di millenni che rischia di essere azzerato se si smette di includere chi è diverso».

Ora Paolo Crosa Lenz, che ha spesso al fianco nei suoi viaggi la moglie Paola Lorenzini e che ha trasmesso ai figli (la geoarcheologa Beatrice e l’artista Pietro) la passione per la natura e per le cose ben fatte, va ancora in cerca di risposte e interroga le montagne sacre: «Sono salito sul monte Olimpo e sul monte Ida per comprendere a cosa servono le montagne. Ma senza andare lontano, studiando la storia di Premia, luogo di passaggi, ho avuto una conferma: la montagna non è mai chiusura».

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