giovedì 23 maggio 2013

Quei contrabbandieri di Crodo, spalloni della fame vittime della neve

Attori che interpretarono spalloni morti sotto slavina 1933 
La tragedia di ottant’anni fa è diventata un film: in otto morirono sotto una valanga nel 1933 tentando di raggiungere la Svizzera

TERESIO VALSESIA

CRODO

C’erano più di trecento persone ad affollare, sabato sera, il salone del Foro Boario di Crodo per rivisitare una delle tragedie più gravi del contrabbando, costata la vita a otto spalloni alla Scatta del Forno, oltre 2500 di quota fra la valle Antigorio e la Cravariola.

È successo nel gennaio di ottant’anni fa. Una valanga li ha travolti e i loro corpi sono stati recuperati solo in primavera, con lo squagliarsi della neve. Erano tempi duri per l’economia, conseguenza della grande crisi americana del 1929. «È un dovere ricordarli non per fare l’apologia del contrabbando, ma per non perdere la memoria di un episodio che ha sconvolto non solo Crodo e Premia, ma tutta l’Ossola», dice Ferruccio Del Zoppo, animatore della manifestazione commemorativa e autore di un libro che ripercorre la tragedia, ricordandone singolarmente le vittime. La pubblicazione («1933-2013: otto, ottant’anni dopo ancora fra noi») è stata presentata da Benito Mazzi, scrittore vigezzino che ha parlato con accenti toccanti del «contrabbando dei poveri e della fame».Oltre al libro la serata è stata l’occasione per presentare la «prima» del film «Viaggi proibiti» con testo, sceneggiatura e riprese di Ermes Mader, giovane fabbro di Premia che ha riproposto i viaggi della speranza di tanti spalloni intervistando gli ultimi superstiti.

Il suo non è un semplice documentario, ma un racconto storico molto analitico, sorprendente e coinvolgente, grazie a una quarantina di comparse, rigorosamente inquadrate nell’epoca, e soprattutto agli otto protagonisti: Ferruccio Del Zoppo, Claudio Bianchetti, Fausto Fobelli, Silvio Forni, Claudio Giboni, Oscar Mader, Maurizio Parianotti e Stefano Scrimaglia. Con il «viaggio proibito», gli otto contrabbandieri volevano solo raggranellare qualche soldo. L’epilogo è stato invece quello della «morte bianca», con il complemento ancora peggiore del divieto da parte delle autorità di seppellirli nel cimitero di Crodo, ma di relegarli in quello marginale di Crego. Ma a quei tempi gli «spalloni della fame» erano considerati solo dei «nemici dello Stato». Condannati anche dopo la morte per un reato che non avevano nemmeno commesso. Infatti la valanga li aveva sorpresi nel viaggio di andata verso la Svizzera, nessuno aveva in spalla la bricolla.

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